I MILLE PERCHÉ - CHIMICA E FISICA - IL SUONO

PERCHÉ DI UN FULMINE PRIMA VEDIAMO IL LAMPO E POI UDIAMO IL TUONO?

A tutti è capitato di notare, durante un temporale, che il potente rumore del tuono segue, dopo un certo tempo, il bagliore accecante del fulmine. Ciò avviene perché la velocità della luce è assai superiore alla velocità di propagazione delle onde sonore.
Noi sappiamo che la velocità della luce è di circa 300.000 chilometri al secondo: quella del suono è di circa 340 metri al secondo (valore relativo alla propagazione del suono nell'aria). A questa notevole differenza di velocità è dovuto il ritardo con cui ci perviene il fragore del tuono rispetto al lampo.
Il moto vibratorio di un corpo elastico, di una sorgente sonora cioè, può provocare le vibrazioni di un altro corpo anche a notevole distanza nel caso del tuono, le vibrazioni eccitano la membrana timpanica del nostro orecchio.
Affinché la propagazione del suono abbia luogo e necessario che esista tra i due corpi un qualunque mezzo solido, liquido o gassoso.
Se questo mezzo manca la propagazione del suono non avviene.
Se mettiamo un campanello, ad esempio, sotto una campana di vetro da cui è tolta l'aria, il suono non può essere percepito. Molteplici esperienze hanno dimostrato dunque che il suono si propaga con moto uniforme e con velocità diverse a seconda della natura del mezzo: nell'aria abbiamo detto, la velocità di propagazione dei suono, è di circa 340 metri al secondo, nell'acqua raggiunge i 500 metri al secondo, mentre nei solidi acquista valori più elevati (ad es. nell'acciaio è di circa 2000 metri al secondo).

PERCHÉ C'È LA ECO?

Il suono emesso da una sorgente sonora si propaga in tutte le direzioni e può essere riflesso, come la luce da uno specchio, da una parete resistente di notevoli dimensioni. Emettendo un suono di breve durata, dunque, può accadere che se ne oda dopo qualche tempo la fedele riproduzione.
Questo fenomeno è noto con il nome di eco.
Certo vi domanderete come mai il fenomeno non si verifichi ogni qualvolta noi emettiamo un suono di fronte ad una parete, ma solo in particolari condizioni e con una certa rarità.
Ciò è dovuto alle limitate possibilità del nostro orecchio che, eccitato da due suoni successivi, poco distanziati nel tempo, non riesce a separarli ed a percepirli come suoni distinti, se l'intervallo fra l'uno e l'altro non raggiunge almeno un decimo di secondo.
L'eco, dunque, si può udire soltanto quando il suono riflesso arriva al nostro orecchio dopo almeno un decimo di secondo e cioè quando la parete riflettente dista almeno 17 metri. Emettendo un suono, infatti, questo percorre nel tragitto di andata e in quello di ritorno almeno 34 metri per coprire i quali, sapendo che il suono corre nell'aria a 340 metri al secondo, occorre appunto un decimo di secondo.
Pareti più vicine non producono eco ma soltanto rimbombo, un rafforzamento ed un prolungamento del suono.
Le condizioni migliori per ottenere eco addirittura molteplici, si verificano naturalmente in montagna: qui infatti le pareti rocciose riflettono non solo il suono emesso dalla sorgente sonora, ma gli stessi suoni riflessi, con effetti straordinari. I suoni prodotti in ambienti chiusi subiscono molteplici riflessioni sulle pareti che, come abbiamo detto, non possono dirsi eco.
Il prolungamento della percezione di un suono anche dopo che questo è cessato si chiama «coda sonora». La maggiore o minore lunghezza della coda è particolarmente importante nel determinare le qualità acustiche di una sala da concerto, di un teatro ecc.
Code troppo corte o, peggio ancora, troppo lunghe, non permettono di godere buone audizioni, di sentire distintamente le parole o un'esecuzione musicale.

PERCHÉ DENTRO UNA CONCHIGLIA SI SENTE IL RUMORE DEL MARE?

Tutti siamo rimasti affascinati dal rumore di un mare fragoroso, accostando l'orecchio ad una conchiglia.
A che cosa è dovuto l'interessante fenomeno?
Prima di rispondere alla domanda, cogliamo l'occasione di parlarvi di un fenomeno fisico fondamentale, di grandissima importanza: la risonanza.
Se prendiamo due diapason capaci di vibrare con la stessa frequenza ed eccitiamo uno di essi con un buon colpo di martello, se dopo qualche istante facciamo cessare la sua vibrazione ci accorgiamo che il suono non si estingue ma persiste quasi con la stessa intensità: il secondo diapason che non era stato toccato si è messo a vibrare spontaneamente.
Se ripetiamo l'esperienza con due diapason di frequenze diverse il fenomeno non si verifica: il secondo diapason resta muto.
Che cosa è avvenuto? Le onde sonore emanate dal primo diapason hanno posto in vibrazione le particelle d'aria le quali hanno eccitato il secondo diapason.
Il fenomeno che si verifica nella prima esperienza si chiama «risonanza» ed ha insospettatamente una parte notevole nella nostra esistenza. Molteplici e varie sono le conseguenze relative a questo fenomeno. Nella risposta al perché i ponti possono crollare abbiamo detto che un ponte a causa della sua struttura elastica è in grado di virare con una certa frequenza.
Se il ponte viene sottoposto a una serie di impulsi anche piuttosto deboli ma della stessa frequenza, come quelli prodotti dalla marcia cadenzata di una compagnia di soldati, il ponte entra in risonanza e le sue oscillazioni possono assumere un'ampiezza tale da provocare il cedimento delle strutture.
Un fenomeno simile può essere provocato ad arte da un cantante, con la forza della sua voce, su di un bicchiere di cristallo. Con un piccolo colpo si mette in vibrazione il cristallo ottenendo un suono di una certa altezza. Il cantante emette lo stesso identico suono ponendo in vibrazione il cristallo per risonanza e se questo è stato emesso con vigore il cristallo, vibrando con ampiezza eccessiva, finisce in briciole.
È ancora dovuta alla risonanza la particolare e a volte bizzarra forma degli strumenti musicali, specialmente quelli a corda.
In questi, infatti, il suono è sì dovuto alle vibrazioni delle corde ma esso sarebbe troppo debole se non intervenisse a rinforzarlo per risonanza la «cassa armonica» o meglio l'aria in essa contenuta.
Grazie allo stesso principio noi possiamo parlare: la nostra voce, infatti, è provocata dalla vibrazione delle corde vocali, ma sarebbe troppo debole se non intervenisse a rinforzarla la bocca che funziona da cassa armonica. Ed ora veniamo alla conchiglia. Che cos'è infatti una conchiglia se non una cassa armonica naturale? Il rumore che noi attribuiamo ad un mare tempestoso non è altro che l'amplificazione dell'insieme dei piccoli rumori che ci circondano, troppo deboli perché noi possiamo sentirli.